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domenica 14 luglio 2013

Una stanza tutta per sé... Virginia docet.

  Le copertine multicolori e i prezzi popolari vi hanno catturato in aeroporto fra un volo e l'altro, al supermercato fra coca cola e gallette di riso biologiche? La Newton Compton è tornata con una serie di classici (ricordate le uscite a 1000 lire di una decina d'anni fa?) a 0,99 centesimi. Prezzo popolare, soggetto ancor di più. E come restare indifferenti al fascino di Virginia che ti racconta di una stanza tutta per te? La copertina è ben studiata: rosa, come la stanzetta della nostra infanzia e lo specchietto è proprio lo stesso che usavamo per le bambole. Così anche chi non è a tutta prima particolarmente interessata ad un saggio della Woolf sulle donne e la scrittura, allunga la mano, rapita dalla copertina "sbrilluccicosa", come una gazza ladra. Si ritroverà, però, fra le mani, uno strumento potente, che se Virginia vedesse che copertina gli hanno appioppato e per quali intenti, tornerebbe indietro fra i viventi solo per il gusto di appiccare il fuoco alle centinaia di migliaia di cartoncini glamour che circolano con il suo nome impresso in frontespizio. Tristi strategie di marketing editoriale che credono di guadagnare l'attenzione del pubblico femminile confezionando volumi di qualunque genere con una grafica tutta belletti e pasticcini. 
  L'aspetto economico è, però, di rilevante importanza in questo saggio. La Woolf, infatti, sottolinea la necessità del denaro e della sicurezza economica che permettano ad una donna di scrivere e soprattutto di scrivere ciò che vuole. Una stanza tutta per sé, dove la scrittrice possa ritagliarsi uno spazio, lontana dai ruoli di madre, figlia, lavoratrice e di qualunque altra etichetta le consenta di essere tutto, fuorché, appunto, una scrittrice. 

  Leggere questo saggio per scoprire quanta strada oggi abbiano fatto le donne nell'ambito culturale, scientifico, economico e politico e rileggerlo per capire quali siano i pregiudizi duri a morire, le trappole fatali che impediscono la piena evoluzione dell'altra metà del cielo. Stupirsi nell'apprendere di come fino all'inizio del secolo scorso fosse interdetto l'accesso alle biblioteche delle più importanti università inglesi alle donne non accompagnate da un docente uomo e delle miriadi di trattati misogini contro i quali la Woolf si scaglia come una leonessa in difesa dei suoi cuccioli (diremmo meglio "cucciole"). Non c'è tanto da sbalordirsi, quindi, se una delle menti più brillanti del XIX/XX secolo abbia scritto in Così parlò Zarathustra, che le donne non sono capaci di amicizia, simili a gatte, uccellini o nella migliore delle ipotesi a giovenche e che la loro mente resta solo alla superficie delle cose.

  Una bella dose di Virginia Woolf, la quale sognava ciò che è avvenuto alle donne di oggi, scienziate, filosofe, scrittrici, politiche, è ciò che ci vuole per proseguire nel cammino.  La strada è lunga, ma con un'indipendenza economica e una stanza tutta per sé, Virginia assicura che ce la faranno.

venerdì 31 maggio 2013

Un Prévert che non t'aspetti...

  Non lo aspetti, ché oramai faresti fatica inutile.
  Lo scovi fra le pagine invece, a raccontarti il mondo a modo suo: ironico, dissacrante. A patto di liberarlo dalle incrostazioni di certe traduzioni che ricordano bene quanto tradurre sia anche tradire.
  Allora il Prévert che non t'aspetti, ma che chi lo ama conosce bene, lontano dagli aforismi dei baci perugina, eccolo qui, non solo a parlare d'amore, ma di una giornata di sole, del diritto a quel sole lontano dallo schiavismo di un padrone o di un amore che si fa catena. In cerca di belle favole andate bene o male.
  Benvenuto fra queste pagine, Jacques.
  Ospite la tua voce solista.
  Tenterò di trasportare, come in musica da una chiava all'altra, dalla tua alla mia lingua i suoni che tu hai scelto per significarci le cose, umilmente consapevole che tradurre, come sempre, sarà un po' tradire.

Le temps perdu
Devant la porte de l'usine
le travailleur soudain s'arrête
le beau temps l'a tiré par la veste
et comme il se retourne
et regarde le soleil
tout rouge tout rond
souriant dans son ciel de plomb
il cligne de l'oeil
familièrement
Dis donc camarade Soleil
tu ne trouves pas
que c'est plutot con
de donner une journée pareille
à un patron?
Il tempo perduto

Davanti alla porta dell'officina
l'operaio d'improvviso si ferma
il bel tempo l'ha tirato per la giacca
e come si gira
e guarda il sole
tutto rosso tutto tondo
sorridente nel suo cielo di piombo
strizza l'occhio
familiarmente
Dimmi dunque compagno Sole
non trovi
che sia piuttosto da coglione
regalare una giornata simile
ad un padrone?

Pour toi mon amour

Je suis allé au marché aux oiseaux
Et j’ai acheté des oiseaux
Pour toi
mon amour
Je suis allé au marché aux fleurs
Et j’ai acheté des fleurs
Pour toi
mon amour.
Je suis allé au marché à la ferraille
Et j’ai acheté des chaînes
De lourdes chaînes
Pour toi
mon amour
Et puis je suis allé au marché aux esclaves
Et je t’ai cherchée
Mais je ne t’ai pas trouvée
mon amour.

Per te amore mio

Sono andato al mercato degli uccelli
E ho comprato degli uccelli
Per te
amore mio
Sono andato al mercato dei fiori
E ho comprato dei fiori
Per te
amore mio.
Sono andato al mercato dei rottami
E ho comprato delle catene
Delle pesanti catene
Per te
amore mio
E poi sono andato al mercato degli schiavi
E ti ho cercata
Ma non ti ho trovata
amore mio.

sabato 25 maggio 2013

Pablo, amico mio

  Una mano sulla spalla e una parola sussurata in un orecchio. Questa è la sensazione che avverto  nel leggere Ode alla vita e altre odi elementari di Pablo Neruda, edito da Passigli.
  Pablo ti sussurra all'orecchio come farebbe un buon amico quando hai bisogno di un consiglio e diviene tuo amico lui stesso, che si sforza di immaginarti, mentre ti fai la barba, ti vesti, abbracci la tua donna. In viaggio, in treno, mi scappa un rivolo traspartente sulle guance, quando mi dice con il suo verso proprio ciò che ho bisogno di sentire in quel momento.
  Pablo, amico eterno di chi leggerà le tue poesie.
   
Ode all'uomo semplice
Ti racconterò in segreto
chi sono io,
così, ad alta voce,
mi dirai chi sei,                                                                                      
voglio sapere chi sei,
quanto guadagni,
in quale azienda lavori,
in quale miniera,
in quale farmacia,
ho un dovere terribile,
cioè sapere,
sapere tutto,
giorno e notte sapere
come ti chiami,
è questo il mio compito, conoscere una vita

non è abbastanza,
ma neanche conoscere tutte le vite è necessario,
vedrai,
bisogna sviscerare,
grattare a fondo
e poiché su una tela
le linee nascosero,
con il colore, la trama
del tessuto,
io cancello i colori
e cerco fino a trovare
il tessuto che sta sotto,
in questo stesso modo trovo l’unità degli uomini,
e nel pane
cerco
più in là della forma:
mi piace il pane, lo mordo,
e allora
vedo il frumento,
i campi di grano precoce,
la verde forma della primavera, le radici, l’acqua,
per questo
più in là del pane,
vedo la terra,
l’unità della terra,
l’acqua,
l’uomo,
e così provo tutto
cercandoti
in tutto, cammino,nuoto,navigo
fino ad incontrarti,
e allora ti domando
come ti chiami,
strada e numero,
perché tu riceva
le mie lettere,
perché io ti dica
chi sono e quanto guadagno, dove abito,
e com’ era mio padre.
Vedi che semplice sono,
che semplice sei,
non si tratta
di nulla di complicato,
io lavoro con te,
tu vivi, vai e vieni
da un luogo all’ altro,
è molto semplice:
sei la vita,
sei trasparente
come l’acqua,
e così sono anch’io,
è questo il mio dovere:
essere trasparente,
ogni giorno
imparo,
ogni giorno mi pettino
pensando come pensi,
e cammino
come tu cammini,
mangio come tu mangi,
tengo fra le braccia il mio amore come tu la tua fidanzata,
e allora,
avendo ciò provato,
visto che siamo uguali
scrivo,
scrivo della tua vita e della mia, del tuo amore e dei miei,
di tutti i tuoi dolori,
e allora
siamo già diversi
perché, la mia mano sulla tua spalla, come vecchi amici
ti dico in un orecchio:
non soffrire,
il giorno sta arrivando,
vieni,
vieni con me,
vieni
con tutti
quelli che ti assomigliano,
i più semplici,
vieni,
non soffrire,
vieni con me,
perché anche se tu non lo sai, questo io lo so bene:
io so in che direzione andiamo, ed è questa la parola:
non soffrire
perché vinceremo, vinceremo noi,
i più semplici,
vinceremo,
anche se tu non lo credi, vinceremo.

lunedì 6 maggio 2013

Pablo Neruda e Nazim Hikmet: la fame, la sete, il sogno

  Una calda serata d'inizio estate. Nell'aria profumi mediterranei e i suoni di parole antiche e nuove portati dal vento. E' la poesia, quella che nasce dentro, quella che è conservata da secoli nell'animo umano e poi fiorisce quasi per caso fra le labbra di qualcuno.
  Non servono parole per commentare un incontro d'amore.
  Solo il silenzio può raccontare la bellezza dei versi e il loro segreto.


In silenzio, allora, in punta di piedi, vi lascio ad ascoltare le voci di Pablo Neruda e di Nazim Hikmet, sorte dalla polvere dei giorni, per non dimenticare che in fondo ad ogni uomo bruciano ancora fame, sete e sogni. Per ricordare, in un mondo che sembra immerso in un oblio di plastica e bytes, che siamo fatti per amare, solo per amare e per sentire ogni giorno l'emozione di essere vivi.
 

LA FAME


Ho fame della tua bocca

Ho fame della tua bocca, della tua voce, dei tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
non mi sostiene il pane, l'alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.

giovedì 25 aprile 2013

Il giardino profumato dello sceicco Al Nafzawi. Un assaggio di letteratura erotica del XV secolo

  Palermo, Aeroporto Falcone - Borsellino. In attesa del volo, mi aggiro fra i negozietti irresistibili del secondo piano. Le ceramiche che vorrei chiudere tutte quante in valigia, per portare con me il calore e  il colore di questa terra e dopo la scorrazzata fra cocci, vasi e teste di moro in versione moderna mi tuffo fra i libri, di quella che non ha l'aria di essere una libreria d'aeroporto, per fortuna. Non posso evitare di godere della vista dei volumi fotografici che mi propongono, per gli ultimi minuti prima della partenza, il giallo delle lumie, la spada affilata di un pesce agonizzante, il rosso sanguigno vomitato dalla terra etnea. E fra tanto sapore, colore concentrato, quasi ipnotizzata, mi sposto pian piano ad un altro scaffale. Noto un testo, edito da diversi anni, che non mi era mai capitato fra le mani. La Allende mi piace e questo suo libro racconta di "ricette, racconti ed altri afrodisiaci". Ancora in sintonia con le mie sensazioni. Scorro le pagine di "Afrodita" e ritrovo il profumo di limoni e alla voce "profumo", la Allende salpa verso un mondo lontano nel tempo e nello spazio: mi introduce alla casa dello Sceicco Al Nafzawi e io la seguo, ammaliata. 
 Sbarcata in città,  il giorno dopo raggiungo il centro con un'unica idea nella testa: trovare le pagine di Al Nafzawi. Le strade dagli splendidi edifici medievali e rinascimentali mi guidano verso i franchising monotoni, che hanno spazzato via le mille piccole librerie storiche che costellavano la città fino ad alcuni anni prima. Così, munita della mia tessera clienti che mi permette di guadagnare ogni tanto qualche libro "a gratis", come si dice da queste parti, imbusto Al Nazafwi e me lo porto a casa. Non riesco, però, a leggerlo nell'immediato, così lo sceicco resterà a riposare per più di un mese fra gli scaffali della mia libreria. Quando, però, lo riprendo in mano, termino la lettura in un solo giorno, felice di aver fatto la sua conoscenza.

Il giardino profumato, ES, Milano
  Il giardino profumato dello sceicco Al Nafzawi, è un classico della letteratura araba del XV secolo, sconosciuto in Europa, fino alla prima traduzione in francese del 1850, ad opera di un ufficiale dell'esercito francesce in Algeria, che si firma semplicemente "barone R.". Nel 1886 la prima versione inglese dal francese di sir Richard Francis Burton lo rende noto al mondo anglofono, sebbene debbano passare diversi anni prima che il testo, dagli espliciti riferimenti sessuali, possa essere presentato al grande pubblico e uscire dalla cerchia ristretta di estimatori di letteratura pornografica ed erotica.
   
  Lungi dall'essere un testo pornografico, Il giardino profumato, è un manuale di educazione sessuale destinato al pubblico maschile,  in cui le arti amatorie descritte vengono proposte come mezzo atto ad accendere e a tenere vivo l'amore e la passione della propria donna.

mercoledì 24 aprile 2013

La fabbrica della fantasia e della felicità!

  Mi piace andare alla ricerca di libri strani, diversi, quelli che le majors snobbano e lasciano al loro destino. Quelli che talvolta vengono accolti e adottati da piccoli editori indipendenti, talvolta restano files nelle cartelle di un computer. Non è più tempo di cassetti.
  E allora su a sognare, fra le pagine di un libro che non sarà o è già stato, fuori tempo, fuori moda, fuori misura, fuori tutto.
  Mi imbatto in un libriccino, La fabbrica della fantasia e della felicità, edito da MUP, che non ha altra trama che le sue filastrocche per bimbi non ancora annoiati da un pc, e si fa bello dei disegni fantasiosi come il titolo promette. E il suo autore promette e mantiene: un personaggio unico nel suo genere, saltato fuori dalle pagine del suo libro, tratteggiato dalla stessa matita, con i pomini arrossettati che vien voglia di pizzicarli!

Il manoscritto ritrovato ad Accra

  Gerusalemme, anno del Signore 1099. La città Santa delle tre religioni si prepara all'invasione dei crociati. Tutto pare sospeso, come la calma apparente che annuncia la tempesta.
  E in questo tempo infinito, in bilico tra l'oggi e il timore del domani, il Copto raduna le folle di musulmani, cristiani ed ebrei nella piazza dove Gesù fu processato da Pilato.
  Quelle del Copto sono parole d'amore, che parlano le lingue di tutte le religioni e di tutti i popoli della terra. Il pregio di Coelho è quello di convogliare l'attenzione del lettore sui temi principali che riguardano il vivere, l'agire e il sentire dell'essere umano, per spogliarlo dell'assurda convinzione che in fondo al cuore dell'uomo esistano differenze geografiche o linguistiche.
  Carico della poesia di Gibran Khalil Gibran e del suo Profeta, di cui il Copto è un chiaro riferimento letterario, non riesce, però, a saziare la sete del lettore che ad ogni pagina spera di incontrare nuovamente la spigliatezza e l'intensità magica e sacrale de L'Alchimista, ma rimane uno splendido invito a credere nella bellezza della Vita e dell'Amore, in qualunque momento di crisi della storia umana.

martedì 23 aprile 2013

L'Amant

Une écriture qui flotte légere sur l'eau, comme le fleuve Mekong, qui accompagne la fille pour tout son voyage dans la vie.
Magnifique, essentielle, élégante.

Prix Goncourt 1984, Marguerite Duras ne cessera jamais de fasciner ses lecteurs.

Marguerite Duras, L'Amant, Les Éditions de Minuit, Paris, 1984

 
 
 

giovedì 4 aprile 2013

Manna e miele, ferro e fuoco

  "Si sedette davanti allo specchio, sciolse le trecce, e spazzolò i ricci sciolti sulle spalle magre, indossò una camicia morbida e, infilandosi sotto le coperte, si preparò ad accogliere don Francesco. Cercò nel buio di scaldarsi soffiando sulle mani. L'attesa si protraeva, e lei cominciò a giocare com'era solita fare tutte le sere nella sua stanza prima di addormentarsi. Mosse veloce le gambe e scalciò in ogni direzione, esplorò il letto scivolando sulla pancia come un serpente, dimenticando completamente perché era lì. E quando di colpo si ricordò del marito arrossì: cosa avrebbe potuto pensare don Francesco se l'avesse vista in quel momento? Riguadagnò la sua parte di letto, poggiò la testa sui cuscini, lisciò il lenzuolo finché non scomparvero tutte le pieghe,  poi con le braccia poggiate sul risvolto rimase ferma ad aspettare, ripetendo a mente le raccomandazioni che aveva ricevuto dai genitori. Il soffitto affrescato con un volo di colombe le ricordò il cielo di contrada Malìa... e allora (...)".

  Qualcuno mi urtò. Mi voltai e intravidi la schiena di un cliente stretto in un cappotto grigio. Ripresi fiato emergendo dalla lettura e immediatamente mi rituffai fra le pagine, incurante dello sguardo di disappunto del commesso. Non ricordavo più dov'ero nemmeno io e raggiunsi Romilda alla villa di Francesco Ventimiglia ancora una volta.

  " - Che scimunita! Quasi mi dimenticavo! - esclamò colpendosi la fronte con il palmo della mano. Quindi frugò tra le sue cose accatastate in un angolo della camera e corse di nuovo al suo posto. Con gli occhi fissi alla porta, sollevò prima il lenzuolo, poi la camicia, e si affrettò a sbriciolare un cannolo di manna tra pollice  e indice. Fece cadere quella polvere bianca tra le gambe, su quella parte che le era permesso solo pensare e mai nominare."
  Richiusi le pagine, quasi a custodire un segreto, mentre le luci spente della libreria mi invitavano ad uscire. Mi ritrovai di nuovo in quel centro commerciale dove tutto appariva anonimo. Il segreto di quella manna sbriciolata tra le gambe, però, mi rimase nella testa e nel cuore.

mercoledì 3 aprile 2013

Donne che corrono coi lupi

  La città era imbiancata dalla neve, o meglio, impantanata in una melma gelida e scivolosa, dove il fango aveva offeso ogni candore.
  Mi stringevo più forte al mio paletot. Lacrime e ghiaccio avevano rallentato i miei battiti e ormai tutto per me sembrava dormire sotto una coltre gelida, impenetrabile a qualsivoglia calore primaverile, che prima o poi avrebbe bussato alla mia porta.
  La primavera era morta. 
  per sempre.

  A quel funerale non era venuto nessuno. 

  Unica testimone di me stessa, piangevo e la temperatura feroce disperdeva le mie lacrime in un vuoto gelido, impedendo loro di farsi goccia e discendere le colline e  le vallate del mio volto, per poi  precipitare giù a baciar la terra ed essere accolta nel suo caldo ventre di madre.

  Fu una sera di dicembre, prima delle cinque o forse dopo, che feci un fortunato incontro. L'unico dopo troppo tempo. Una donna dagli occhi sapienti e intensi come la notte. Mi sembrò di conoscerla da sempre, che esistesse da sempre. Non aveva bisogno di parole per leggermi dentro. Mi diede una "medicina", così disse lei e se ne andò via, lasciandomi un pacchetto fra le mani.

  La lunga strada che portava alla Barriera mi sembrò meno lunga. Iniziai a scorgere le luci fioche dei lampioni. Aprii il pacchetto e incontrai Clarissa Pinkola Estés, il suo libro, tradotto per le donne di tutti i Paesi del mondo, di tutte le età. 
  La donna aveva ragione. Non era un semplice libro, ma una medicina. Così continuo a leggerlo, anche oggi, al bisogno e a regalarlo, perché per ognuna di noi la strada non sia più troppo lunga, né troppo buia.


Attraverso un prezioso recupero etno-antropologico della tradizione orale di diversi Paesi e alla reinterpretazione in chiave junghiana di miti e fiabe di un vasto territorio geografico, dal Giappone alle Ande, Clarissa Pinkola Estés, restituisce in Donne che corrono coi lupi, la sapienza di una cultura popolare che conosce le proprie trappole e le insidie lungo il cammino della vita di donne annichilite da convenzioni sociali, meccanismi insani e misogini. Come la lupa, ferina e materna al contempo, la Donna Selvaggia è la parte istintuale  e creatrice dell'animo femminile, che spinge a liberarsi da stereotipi e paure che la incatenano ad un'esistenza lontana dai propri bisogni autentici.